D.L. “Cura Italia” – Misure di sostegno finanziario e di supporto alla liquidità in favore delle imprese danneggiate da COVID-19 introdotte dal decreto legge n. 18 del 16 marzo 2020

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Il decreto legge n. 18 del 16 marzo 2020, pubblicato in data 17 marzo 2020 nella Gazzetta Ufficiale n.70, (“Cura
Italia”) concretizza, di fatto, il primo intervento da parte del Governo Italiano, esteso a tutto il territorio
nazionale, a sostegno di imprese, lavoratori e famiglie colpite dagli effetti di COVID-19.
Prima di approfondire l’analisi di alcune misure di sostegno, di matrice economica, in favore delle imprese e
dei lavoratori, adottate dal Governo Italiano e contenute nel decreto legge, è opportuno, preliminarmente,
delineare, per grandi linee, il quadro generale all’interno del quale tali misure vanno a collocarsi.
Utile in tal senso appare la memoria di accompagnamento al disegno di legge A.S. 1766 per la conversione in
legge del D.L. n. 18/2020, predisposta da Banca d’Italia, datata 25 marzo 2020, ed indirizzata al Senato della
Repubblica, in cui viene evidenziato come la diffusione del coronavirus (COVID-19) sia
da collocarsi in un contesto caratterizzato da prospettive di crescita economica modesta e soggetta a rischi
rilevanti e, a causa dell’attuale difficoltà di stabilire la durata e l’entità della diffusione del virus sul territorio
italiano (e nel resto del mondo), non vi siano le condizioni per poter determinare la ricaduta economica che
tale evento infausto potrà avere sul nostro Paese.
L’adozione della decretazione d’urgenza si è quindi resa necessaria al fine di poter fronteggiare, in maniera
tempestiva ed efficace, la grave crisi epidemiologica “senza precedenti” causata da COVID-19, che ha colpito
l’Italia (ed anche il resto del mondo), al fine di attenuare gli effetti recessivi della stessa sulla nostra economia.
Tale concetto viene esposto, in maniera chiara, nella relazione illustrativa di accompagnamento al D.L. n.
18/2020.
Le direttrici, lungo cui il Governo si è mosso, possono essere individuate nella protezione della salute dei
cittadini, attraverso misure dirette a “potenziare” il Servizio Sanitario Nazionale ed a mitigare la diffusione del
virus, nonchè nel sostegno al sistema produttivo e nella salvaguardia della forza lavoro, attraverso misure
economiche e fiscali urgenti atte ad attenuare l’impatto deflagrante della crisi epidemiologica sull’imprese, sui
lavoratori e sulle famiglie.
Passando adesso in rassegna le misure di natura economico – finanziaria adottate dal Governo a sostegno di
imprese e lavoratori autonomi, si intende soffermare l’attenzione su alcune disposizioni del Decreto legge,
contenute nel Titolo III, che riguardano:

  • l’intervento (recte, rafforzamento) del Fondo Centrale di Garanzia delle PMI (art. 49);
  • le misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19
    (art. 56);
  • Il supporto alla liquidità delle imprese colpite dall’emergenza epidemiologica mediante meccanismi di
    garanzia (art. 57).

Attraverso i menzionati interventi – cui ne dovrebbero far seguito ulteriori che, si auspica, possano essere
ancor più incisivi ed inclusivi di una più ampia platea di destinatari – il Governo sta tentando, in questo
momento emergenziale, di porre un argine all’impatto depressivo della crisi epidemiologica sul nostro sistema
produttivo, adottando misure (attraverso il supporto degli Istituti di credito) dirette a controbilanciare la
carenza di liquidità delle imprese e dei lavoratori autonomi causata dalle misure restrittive introdotte per
contenere la diffusione del virus, oltre che dalle attuali difficoltà di esportazione dei prodotti italiani all’estero.

Nel dettaglio, l’art. 49 del decreto legge n. 18/2020 prevede un rafforzamento dell’operatività del Fondo
Centrale di Garanzia delle PMI, previsto dall’art. 2, comma 100, lettera a, della Legge n. 662/1996, seppur
circoscritto ad un arco temporale di nove mesi decorrenti dall’entrata in vigore del Decreto Legge.
Tale Fondo risulta costituito presso Medio Credito Centrale allo scopo di assicurare una parziale assicurazione
ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese.
La sua dotazione, attraverso appunto il D.L. 18/2020, è stata incrementata per 1,5 miliardi di euro al fine di
poter sostenere l’accesso delle PMI a nuovi finanziamenti.
Al fine di meglio adattare lo strumento esistente all’attuale situazione, sono stati introdotti alcuni correttivi,
seppur a carattere temporaneo, di cui si riportano i più significativi:

  • la gratuità della garanzia prestata dal Fondo, mediante eliminazione delle commissioni per accesso al
    Fondo, ove previste.
  • l’innalzamento della percentuale massima di garanzia prestata dal Fondo (in maniera diretta all’80% ed in riassicurazione al 90%, se nell’operazione intervengono i confidi) per i finanziamenti di importo inferiore a 1,5 milioni, indipendentemente dalla durata o dalla forma tecnica;
  • per i restanti finanziamenti, l’aumento dell’importo massimo garantito per singola impresa da euro 2,5 a 5 milioni, restando tuttavia valida la modulazione delle percentuali di copertura attualmente prevista dalla disciplina del Fondo;
  • la prestazione di garanzia da parte del Fondo per rinegoziazioni del debito, a condizione che il nuovo finanziamento contempli, in favore del beneficiario, un incremento del credito erogato pari ad almeno il 10% del debito residuo relativo al finanziamento in essere oggetto di rinegoziazione;
  • la semplificazione dei criteri di ammissione alla garanzia (non più basati su informazioni relative alla regolarità dei rimborsi dei prestiti in essere) attraverso una valutazione della probabilità di inadempimento della singola impresa beneficiaria basata esclusivamente su modulo economico- finanziario e “non andamentale” e con esclusione per quelle imprese con esposizioni debitorie classificate come “sofferenze” o “inadempienze probabili” ai sensi della disciplina bancaria o rientranti nella nozione di “impresa in difficoltà” ai sensi dell’art. 2, punto 18 del Regolamento (UE), n. 651/2014, in materia di aiuti di Stato;
  • l’ammissione alla garanzia del Fondo, per finanziamenti fino a 3.000 euro e della durata di 18 mesi meno un giorno, in maniera gratuita e senza alcuna valutazione preliminare, anche per le persone fisiche la cui attività d’impresa o professionale è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19, previo rilascio di dichiarazione autocertificata ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000;
  • la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia (reali, assicurative ovvero bancarie) per operazioni di importo superiore ad euro 500 mila e per una durata minima di 10 anni nel settore turistico alberghiero ed immobiliare.

Il fine precipuo di siffatte misure è quello di generare nuova liquidità in favore delle PMI, facilitando e
favorendo l’accesso al credito bancario, attraverso il rilascio di consistenti garanzie statali (per il tramite del
Fondo Centrale di Garanzia delle PMI) e l’abbattimento di oneri economici di natura istruttoria.

L’art. 56 del decreto legge n. 18/2020 affronta, invece, le criticità connesse all’indebitamento delle micro,
piccole e medie imprese ed anche dei lavoratori autonomi nei confronti di banche, intermediari finanziari ex
art. 106 del d.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993 (Testo unico bancario) e degli altri soggetti abilitati alla
concessione del credito in Italia, quale conseguenza della crisi epidemiologica provocata da COVID-19,
introducendo una serie di misure volte ad alleggerire, temporaneamente, il carico finanziario sostenuto da
PMI e lavoratori autonomi.
Nel fare ciò, in primis, si occupa, al primo comma, di riconoscere l ’epidemia da COVID-19 come un evento
eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea e, nei successivi commi, di disciplinare le varie misure di sostegno finanziario che, con
tutta probabilità, si riveleranno quelle maggiormente efficaci, in quanto tempestive.
Segnatamente, il secondo comma introduce la possibilità per le microimprese e per le piccole e medie imprese
(con inclusione dei lavoratori autonomi, come precisato nella FAQ del M.E.F del 22 marzo 2020), aventi sede sul
territorio nazionale, previa trasmissione di apposita comunicazione corredata da dichiarazione in
autocertificazione rilasciata dall’impresa attestante la temporanea carenza di liquidità quale conseguenza
diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19, di ottenere dagli intermediari sopra individuati:

  1.  il “congelamento”, sino al 30 settembre 2020, dei prestiti revocabili o in scadenza (i.e. aperture di
    credito sino a revoca e i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti), compresivi degli elementi
    accessori al contratto di finanziamento, così come specificati al successivo punto 2, in essere alla data
    del 29 febbraio 2020 o quelli in essere alla data di pubblicazione del decreto (17 marzo 2020);
  2. la posticipazione al 30 settembre 2020, senza alcuna formalità ed alle medesime condizioni, del
    rimborso dei prestiti non rateali con scadenza ante 30 settembre 2020, ivi compresi gli elementi
    accessori (intesi come tutti i contratti connessi al contratto di finanziamento, tra cui, in particolare,
    garanzie e assicurazione nonché i contratti in derivati, così come chiarito nella FAQ del Ministero
    dell’Economia e delle Finanze del 22 marzo 2020);
  3. la sospensione, sino al 30 settembre 2020 (comprensivamente anche della rata con scadenza 30
    settembre), dei pagamenti delle rate dei mutui (sia quota capitale che quota interessi) e dei canoni di leasing, a condizione che le imprese beneficiarie presentino temporanee carenze di liquidità dovute al diffondersi dell’epidemia.

Ai fini della definizione di micro, piccole e medie imprese, il comma quinto dell’art. 56 rinvia a quanto previsto
dalla Raccomandazione della Comunità europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003, che fornisce una precisa
definizione di micro, piccole e medie imprese, individuandole in quelle con meno di 250 dipendenti e con
fatturato inferiore a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
La norma, inoltre, si occupa di disciplinare l’accesso a queste misure, consentendolo solamente alle imprese
in bonis ed escludendo quelle con posizioni debitorie classificate come esposizioni deteriorate, ripartite nelle
categorie sofferenze, inadempienze probabili, esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate.
Così come puntualizzato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nella FAQ del 22 marzo 2020, ripresa dalla
Circolare ABI del 25 marzo 2020, l’impresa non deve avere rate scadute (ossia non pagate o pagate solo
parzialmente) da più di 90 giorni. Tale misura agevolativa si estende anche a quelle imprese in bonis che sono
state già destinatarie di misure di sospensione o ristrutturazione dello stesso finanziamento nell’arco dei 24
mesi precedenti.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sempre nella nota FAQ del 22 marzo, al fine di facilitare e velocizzare
l’applicazione di tali misure, ha fornito indicazioni operative anche in merito al contenuto ed alle modalità di
trasmissione della comunicazione di cui al comma secondo, chiarendo, in ordine al contenuto, che l’impresa è
tenuta, tra l’altro, ad auto-dichiarare: (i) il finanziamento per il quale si presenta la comunicazione di moratoria;
(i) di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza della diffusione dell’epidemia da
COVID-19; (iii) di soddisfare i requisiti per la qualifica di micro, piccola o media impresa; (iv) di essere
consapevole delle conseguenze civili e penali in caso di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 47 DPR
445/2000.
Come puntualizzato nella Circolare ABI del 25 marzo 2020, il destinatario della comunicazione (banche,
intermediari finanziari vigilati e altri soggetti abilitati alla concessione del credito in Italia) non dovrà verificare
la veridicità delle autodichiarazioni effettuate dalle imprese, ma solo che la comunicazione contenga gli
elementi sopra indicati.
La trasmissione potrà essere eseguita da parte dell’impresa tramite PEC ovvero attraverso altre modalità che
consentano di tenere traccia della comunicazione con data certa.
Inoltre, la norma, andando ad impattare sui bilanci degli istituti credito e degli intermediari finanziari, contiene
misure che tendono a calmierare il rischio di perdite economiche per i predetti soggetti.
E’ contemplata, infatti, una garanzia pubblica a copertura parziale delle esposizioni interessate, da attivare (ad
opera dell’ente creditizio) qualora il debitore diventasse insolvente, al fine di attenuare gli effetti sui bilanci
bancari di un possibile peggioramento significativo nella qualità del credito al termine del periodo di moratoria.
La garanzia statale, operante attraverso una sezione speciale del Fondo di Garanzia delle PMI, copre una quota
pari al 33%: (i) del maggiore credito utilizzato tra la data dell’entrata in vigore del decreto e il 30 settembre
2020; (ii) dei prestiti in scadenza che hanno beneficiato di un allungamento della durata; (iii) delle singole rate
oggetto di sospensione. Si fa riferimento sia al capitale che agli interessi.
La garanzia è sussidiaria (non a prima richiesta) e gratuita. Il recupero dei crediti dei clienti insolventi rimarrà,
in ogni caso, a carico alle banche che, per poter escutere la garanzia, dovranno attivarsi nei 18 mesi successivi
al termine delle misure di sostegno di cui al comma secondo del decreto legge, avviando le procedure
esecutive per il recupero del credito.
Banca d’Italia, nella propria relazione, ha chiarito – probabilmente con spirito incentivante – che, sulla base dei
dati più recenti, la perdita media sui prestiti deteriorati alle imprese è prossima al 70% dell’importo nominale.
Attraverso tale meccanismo (garanzia pubblica) vi sarebbe, a tutto vantaggio degli enti finanziatori, un
abbattimento delle perdite, in media, dal 70% al 37%.

Infine, l’art. 57 del D.L. 18/2020 introduce, anch’esso, misure di supporto alla liquidità destinate ad imprese
che non possono accedere al Fondo centrale per le PMI, in quanto grandi imprese o appartenenti a specifici
settori economici.
L’articolo istituisce presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze un fondo permanente (complementare a
quello previsto per le PMI), con dotazione iniziale di 500 milioni per l’anno 2020, la cui operatività sarà definita
in dettaglio con un successivo decreto ministeriale attuativo.

Come chiarito nella relazione accompagnatoria al D.L. n. 18/2020, il nuovo Fondo istituito assume un ambito
oggettivo più ampio in quanto, differentemente dal Fondo Centrale per le PMI, potrà operare anche in favore
di imprese non qualificate come PMI (ad esempio, imprese Mid – Cap) e garantire portafogli di prestiti già in
essere.
L’obietto che il Governo intende perseguire con questa ulteriore misura è quello di (i) favorire l’erogazione di
prestiti bancari, con il supporto della Cassa depositi e prestiti, in favore delle imprese che hanno sofferto una
riduzione del fatturato a causa dell’emergenza COVID; (ii) consentire a Cassa depositi e prestiti di supportare
le banche che erogano i predetti finanziamenti tramite specifici strumenti (quali plafond di provvista e/o
garanzie di portafoglio, anche di prima perdita, rispetto alle esposizioni assunte dalle banche stesse).
Da un punto di vista squisitamente operativo, lo Stato, attraverso il predetto Fondo, controgarantirà
l’obbligazione (di garanzia) assunta da Cassa Depositi e Prestiti in favore delle banche o degli intermediari
autorizzati, in occasione dell’erogazione del finanziamento nei confronti dell’impresa richiedente, fino ad un
massimo dell’80% dell’esposizione assunta.
Questa nuova misura di sostegno finanziario alle imprese, contenuta nell’art. 57, in attesa che diventi operativa
con l’adozione del decreto ministeriale attuativo, potrà rivelarsi, anch’essa, un utile strumento per sopperire
all’endemica carenza di liquidità delle nostre imprese, quale tragica conseguenza della crisi epidemiologica
COVID-19 che sta colpendo violentemente l’Italia.
Sebbene debba riconoscersi l’impegno profuso dal Governo nell’introduzione delle misure economiche e fiscali
di cui al D.L. n. 18/2020, è anche vero che appare ancora lunga la strada da percorrere per evitare che il nostro
sistema produttivo possa rimanere irrimediabilmente compromesso in conseguenza di quanto sta
infaustamente accadendo.
Saranno necessari ulteriori interventi economici (oltre che fiscali) da parte dello Stato, ancora più incisivi in
termini di immissione di liquidità in favore di imprese, lavoratori (autonomi e dipendenti) e famiglie, che, da
un lato, genereranno certamente maggior debito pubblico ma che, dall’altro, consentiranno al Paese di poter
rialzare la testa e ripartire.

Avv. Francesco Bilotta